domenica 8 marzo 2020

Giorno 6: il Comandante impavido

Santa Clara e il mausoleo del Che

Il mercoledì mattina la sveglia suona presto e dopo la solita abbondante colazione partiamo in direzione  sud, verso la provincia di Villa Clara: è il giorno dedicato al Che.
Nei viaggi fatti fino ad ora non ho mai visitato mausolei, però questa volta quello dove ci troviamo è una tappa obbligatoria per chi viene a Cuba, per chi vuole capire la sua Storia e non solo.
Oltre ad aver costruito una tomba per il Che e altri suoi compagni caduti in Bolivia qui è allestito un museo che ripercorre la vita di Ernesto Guevara e alcuni momenti che lo legano alla Rivoluzione cubana.
Lui, che cubano di nascita non era, è comunque stato adottato dal popolo cubano tanto da ottenere la nazionalità di questa Isola e successivamente da essere nominato Ministro dell’Industria dal Presidente Fidel Castro.
Maria ci racconta tante cose su Ernesto Guevara che io già conosco: medico argentino, figlio di famiglia della media borghesia era un grande lettore e pensatore; ci racconta del viaggio a cavallo della Poderosa (una Norton 500) attraverso l’America Latina e poi di come arriva a Cuba, ma ottiene la mia attenzione quando racconta un aneddoto riguardante una foto che è in esposizione: la foto rappresenta il Comandante mentre sfalcia delle canne da zucchero.

Per riformare il lavoro bisogna lavorare

Essendo distratta a curiosare tra gli oggetti del Che non presto subito attenzione, tanto da non ricordare il nome del fotografo, ma mi ricordo come è stata scattata la foto: il reporter aveva fissato un appuntamento col Ministro che era anche direttore dell’istituto Nazionale delle Riforme Agrarie per chiedere e testimoniare quali fossero le strategie da mettere in campo per rilanciare il lavoro e l’agricoltura cubana, ma il Che non si presenta, anzi si fa aspettare parecchio tempo. Una volta arrivato, il Comandante Guevara prende le mani del fotografo, le guarda dorso e palmo e gli dice che se vuole la foto deve sfalciare con lui fino a farsi venire i calli; dice che per capire qualcosa bisogna farlo.
Maria ci dice: “Si insomma lui era così, era un argentino, aveva un carattere un po’ lunatico ma deciso!”.
La frase incisa all’uscita dal mausoleo recita le parole del Che: ”…per potermi definire rivoluzionario la prima cosa che devo fare è la rivoluzione.”
Io conosco già gran parte della storia di Che Guevara, mi sono sempre rivista nel suo pensiero e i suoi ideali, sono cresciuta con gli stessi valori anche se dall’altra parte dell’Oceano e in un'altra epoca, ma trovarmi in quel luogo, essere così vicina a ciò che resta di lui (non intendo solo le sue spoglie) e aver sentito questa storia e altre testimonianze è stato per me un momento molto emozionante.

La rivoluzione comincia dentro di noi

Uscita dal museo ho chiesto di potermi sedere un momento come avevo fatto alla Finca Vigia, non per sentirmi più vicina al Che come mi è capitato con Hem, in fondo come dicono da queste parti ,“El Che vive!”, ma per realizzare cosa avevo visto, riordinare le idee e chiedermi se io in quei valori ancora ci credo e cosa sto facendo al riguardo.
A volte mi è stato detto che io sono poco femminile, ad esempio mi torna in mente che c’è stato un periodo in cui alla domanda: “Che cosa vuoi fare da grande?” io rispondevo: ”La rivoluzionaria!”; per diversi anni credo che non mi rendessi conto veramente di cosa fosse “fare una Rivoluzione”, ma credo che per me volesse dire “fare qualcosa di importante”.

Poi penso ad un’altra frase del Che: “la vera rivoluzione dobbiamo cominciare a farla dentro di noi.”; sorrido, mentre mi alzo velocemente do un’ultima occhiata alla statua del Che (che rivolge lo sguardo verso la sua Argentina) e mi incammino per raggiungere gli altri.

Il treno blindato

Durante il viaggio verso la città di Santa Clara io continuo a canticchiare il ritornello della canzone Hasta siempre Comandante e mia mamma è costretta a chiede un po’ di musica ad Ariel perché sono sei giorni che la sente e non ce la fa più.
Nel pomeriggio visitiamo il monumento dedicato al Treno blindato e alla battaglia di Santa Clara, visitiamo il centro città e compriamo qualche souvenir.
In serata arriviamo all’albergo in cui alloggeremo per questa notte, ceniamo e poi stanche andiamo a dormire.


Il mausoleo del Che a Santa Clara, la sua statua posta su un alto piedistallo rivolge lo sguardo verso l'Argentina, sua terra natale.



Periferia di Santa Clara




Ultima lettera del Che a Fidel Castro




Monumento al treno blindato e alla battaglia di Santa Clara
Statua del Che con in braccio un bambino, posta davanti alla sede del Partito Comunista a Santa Clara. A prima vista, la statua sembra una semplice rappresentazione del famoso rivoluzionario, ma guardandola attentamente si notano vari riferimenti e allusioni alla vita e alla personalità del Che .

Striscioni che capita di vedere spesso appesi a cancellate di scuole e istituti.


Ernesto Che Guevara entra a Santa Clara insieme ad alcuni rivoluzionari..
Era una prerogativa per il Che che tutti i compagni sapessero leggere e scrivere, per questo molti di loro avevano una buona istruzione. 



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