lunedì 14 ottobre 2019

The help



                                        


Mercoledì 16 ottobre, 21.25 su Rai1 non perdete the help.

Il libro

Sapete uno di quei libri alti alti che a prima vista spaventano, ma che poi in 5 giorni li leggete? Ecco direi che è il caso di the help: più di cinquecento pagine da divorare; coraggioso, divertente, pieno di speranza, di voglia di libertà e uguaglianza the help è la storia di una giovane aspirante giornalista bianca e di buona famiglia di Jackson, Mississipi. Sono gli anni 60 e Eugenia “Skeeter”Phelan (che mi ricorda tremendamente la piccola Scout de Il buio oltre la siepe) si è appena laureata e aspira a diventare giornalista così comincia a scrivere per il giornale locale. Per un progetto editoriale Skeeter decide di raccontare le condizioni di vita di alcune domestiche afroamericane dal loro punto di vista. Lo stato del Mississipi come gran parte del sud degli Stati Uniti d’America negli anni 60 è ancora uno stato segregazionista e il razzismo nei confronti degli afroamericani è ancora molto forte. La giovane sarà aiutata dalla domestica che l’ha cresciuta Aibileen, finendo per coinvolgere la carismatica Minny, che è di sicuro una figura difficile da dimenticare (interpretata nel film dall’attrice Octavia Spencer che ha vinto l’Oscar come migliore attrice non protagonista per questo ruolo). Skeeter si appassiona sempre di più e si fa coinvolgere da quella che è una vera e propria lotta per i Diritti degli afroamericani.

Il film

Anche in questo caso io ho visto prima il film di leggere il libro, ma vi assicuro che non è stato assolutamente noioso leggere questo romanzo. È stato come approcciarsi ad un’altra storia. The help è un libro sagace, divertente e pieno di personaggi carismatici come lo è anche il film che vi farà ridere e piangere allo stesso tempo. Altri nomi di spicco del film sono: nel ruolo di Aibileen Viola Devis e nel ruolo di Skeeter Emma Stone.

La forza e la determinazione è femmina

Uno dei motivi principali per cui questo libro mi ha coinvolta è che le figure femminili sono le assolute protagoniste del racconto, non solo perché Skeeter e le domestiche sono donne, ma anche le altre figure protagoniste sono delle donne: altro particolare “rivoluzionario” di questo libro. Infatti anche tra i ”cattivi” ci sono donne, perché essere del gentil sesso non esula dall’essere dalla parte sbagliata o avere pregiudizi anzi noi donne, quando vogliamo, sappiamo essere tremende. Secondo me sono pochi i romanzi (a parte le varie autobiografie) in cui viene così esaltata la donna e che dimostrano come il modo di agire e di pensare delle donne siano in grado di fare la differenza.


  

lunedì 7 ottobre 2019

Storia di un'amicizia




La storia che voglio raccontare oggi non mi riguarda in prima persona però è una storia che ho vissuto come se ne fossi protagonista.
La storia è quella di un’amicizia speciale, quella di quattro ragazzi che mi hanno insegnato cosa sia la vera amicizia…

Fra i banchi di scuola

Tutto comincia più di cinquant’anni fa, nei lontani anni 60, quando Maura e Luciana s’ incontrano fra i  banchi di scuola. Tra le due nasce subito un’intesa che è destinata a durare negli anni. Le due giovani ragazze, dopo il liceo, prendono strade differenti: una va in Sardegna dove incontra Graziano, si sposa e mette su famiglia; l’altra prosegue negli studi, nel frattempo incontra Luigi, si sposa e solo dopo alcuni anni i due decidono di avere il primo figlio. Il loro legame però rimane saldo, anche se messo a dura prova dal tempo, dalle distanze e dalle scelte fatte che inevitabilmente cambiano i ritmi di vita.



Strade diverse

Nonostante la presenza di ostacoli le due famiglie continuano a frequentarsi in diverse occasioni; Luciana è la madrina del primo figlio di Maura e Graziano: Tito; Luigi e Graziano diventano amici e continua questo strano gemellaggio tra un paese avvolto nella nebbia della Pianura Padana e un paese dell’isola baciata dal Sole: tra Fiorenzuola e Porto Torres. Le famiglie si allargano, i bambini crescono, gli aneddoti aumentano e quando sono arrivata io Maura e Graziano erano lì; era come fossero due figure certe che da decine se non centinaia di anni erano ben fisse e ci sarebbero sempre state. Gli aneddoti erano tantissimi.

I”gemelli siamesi”pestiferi

 Ad esempio la volta in cui Tito e Tarin (la secondogenita della coppia sarda) impastarono una torta sul divano e sul tappeto, al rientro dei genitori nonna Itala aveva urlato a Maura: ”Tieniteli tu i tuoi figli!”. Itala era la mamma di Maura, di origini austriache, non era paziente coi nipoti come lo era la madre. La farina e le uova erano ovunque e ora toccava a Maura e a Luciana ripulire per poi portare i bambini a letto perché era troppo tardi per stare ancora alzati. Tito e Tarin facevano tutto insieme: quando i miei genitori mi raccontavano di quelle piccole pesti nella mia fantasia da bambina probabilmente li vedevo come due gemelli siamesi, quando uno iniziava una cosa l’altro la finiva, se non fosse stato per i due anni di differenza che mi scombussolavano tutto.

Il cappottino galleggiante

Presto a sostegno delle malefatte arriva mio fratello Francesco (il primogenito fiorenzuolano); spesso i miei genitori mi raccontano della volta in cui mio fratello in spiaggia a Stintino si liberò velocemente del cappottino nuovo lanciandolo in mare. Gli inverni degli anni 80 in Sardegna erano piuttosto caldi, troppo caldi perché un bimbo di due anni indossi un cappotto di lana; “Mamma ho molto caldo!” aveva avvisato mio fratello e mamma tranquillamente aveva risposto: ”Francesco togli il cappotto!” e in men che non si dica l’indumento era già in acqua.

La caccia

Poi c’è stata quella volta in cui papà e Graziano erano andati a caccia di tortore in Sardegna: da cacciatore della Pianura Padana papà aveva suggerito di partire presto e, come era solito nei campi e nelle radure di pianura di fissare una capanno in tela nel quale nascondervisi prima dell’alba per mimetizzarsi meglio e non allarmare i volatili. Non avevano però considerato che la Sardegna è molto rocciosa e cercare di piantare nel terreno i pali per fissare il capanno era alquanto difficile, ma dopo più di un’ora di lavoro erano riusciti nell’impresa e si erano stretti al riparo nel capanno per non farsi scorgere dai malcapitati pennuti. Alle prime luci del giorno però si accorsero con divertente imbarazzo che erano circondati da tanti altri cacciatori molto meno mimetizzati di loro. Da quel momento mio padre ha sempre ripetuto a mio fratello che la caccia in Sardegna è bella, ma molto diversa dalla caccia in Pianura.
A volte mio padre e Maura raccontano di quando Graziano dopo aver abitato per qualche anno in “continente” si era attrezzato per la caccia e aveva comprato il fucile e gli indumenti appositi per poi, appena tornato nella sua Sardegna, abbandonare in quattro e quattr’otto questo hobby perché infondo non gli piaceva fare del male agli animali.

Le famiglie si allargano

Nel frattempo è arrivata Loana la terzogenita, minuta e dagli occhi azzurri ma con un carattere decisamente imprevedibile. In fine è stato il turno di Letizia l’ultima dei fratelli Monni dai lineamenti del papà ma col sorriso contagioso della mamma, quasi mia coetanea. Pensando a Letizia mi viene in mente un viaggio in “continente” di Maura e Graziano e una pizza a Salsomaggiore.

Maretta

Un altro ricordo che mi viene spesso raccontato dai miei è quello dell’ultimo viaggio che hanno fatto in nave: anche questa volta era inverno e al momento di ripartire e tornare a Genova per risalire fino a Fiorenzuola mia madre si era informata spesso sulle condizioni del mare: se fosse mosso o meno. Il cognato di Maura, essendo pescatore, conosceva bene il suo mare e per non allarmare troppo gli amici venuti dal “continente” alla domanda di mia madre: ”Giacomino com’è il mare?” lui rispose: ”Maretta…”beh da ciò che mi è stato detto quello è stato il viaggio in nave peggiore che i miei abbiano vissuto, basti dire che persino i commissari di bordo e i marinai continuarono a stare male finché la nave attraccò in porto a Genova…TO BE CONTINUED…

Ma i ricordi non finiscono qui…


Quante risate mi sono fatta anche solo ascoltando i ricordi dei miei genitori. Quando poi quest’anno, dopo un periodo in cui questa amicizia è stata un po’ “trascurata”, ho visto mio padre con le lacrime agli occhi ripensando alle avventure in Sardegna e mia mamma abbracciare Tito, il suo pupillo ho capito una cosa importantissima: che l’amicizia non è esserci sempre fisicamente, ma esserci con il cuore nel momento del bisogno, avere un angolino dell’anima da dedicare interamente a quella persona.