La storia che voglio
raccontare oggi non mi riguarda in prima persona però è una storia che ho
vissuto come se ne fossi protagonista.
La storia è quella di
un’amicizia speciale, quella di quattro ragazzi che mi hanno insegnato cosa sia
la vera amicizia…
Fra i banchi di scuola
Tutto comincia più di
cinquant’anni fa, nei lontani anni 60, quando Maura e Luciana s’ incontrano fra
i banchi di scuola. Tra le due nasce
subito un’intesa che è destinata a durare negli anni. Le due giovani ragazze,
dopo il liceo, prendono strade differenti: una va in Sardegna dove incontra
Graziano, si sposa e mette su famiglia; l’altra prosegue negli studi, nel
frattempo incontra Luigi, si sposa e solo dopo alcuni anni i due decidono di
avere il primo figlio. Il loro legame però rimane saldo, anche se messo a dura
prova dal tempo, dalle distanze e dalle scelte fatte che inevitabilmente
cambiano i ritmi di vita.
Strade diverse
Nonostante la presenza di
ostacoli le due famiglie continuano a frequentarsi in diverse occasioni;
Luciana è la madrina del primo figlio di Maura e Graziano: Tito; Luigi e
Graziano diventano amici e continua questo strano gemellaggio tra un paese
avvolto nella nebbia della Pianura Padana e un paese dell’isola baciata dal
Sole: tra Fiorenzuola e Porto Torres. Le famiglie si allargano, i bambini
crescono, gli aneddoti aumentano e quando sono arrivata io Maura e Graziano
erano lì; era come fossero due figure certe che da decine se non centinaia di
anni erano ben fisse e ci sarebbero sempre state. Gli aneddoti erano
tantissimi.
I”gemelli siamesi”pestiferi
Ad esempio la volta in cui Tito e Tarin (la
secondogenita della coppia sarda) impastarono una torta sul divano e sul
tappeto, al rientro dei genitori nonna Itala aveva urlato a Maura: ”Tieniteli
tu i tuoi figli!”. Itala era la mamma di Maura, di origini austriache, non era
paziente coi nipoti come lo era la madre. La farina e le uova erano ovunque e
ora toccava a Maura e a Luciana ripulire per poi portare i bambini a letto perché
era troppo tardi per stare ancora alzati. Tito e Tarin facevano tutto insieme:
quando i miei genitori mi raccontavano di quelle piccole pesti nella mia fantasia
da bambina probabilmente li vedevo come due gemelli siamesi, quando uno
iniziava una cosa l’altro la finiva, se non fosse stato per i due anni di
differenza che mi scombussolavano tutto.
Il cappottino galleggiante
Presto a sostegno delle
malefatte arriva mio fratello Francesco (il primogenito fiorenzuolano); spesso
i miei genitori mi raccontano della volta in cui mio fratello in spiaggia a Stintino
si liberò velocemente del cappottino nuovo lanciandolo in mare. Gli inverni
degli anni 80 in Sardegna erano piuttosto caldi, troppo caldi perché un bimbo
di due anni indossi un cappotto di lana; “Mamma ho molto caldo!” aveva avvisato
mio fratello e mamma tranquillamente aveva risposto: ”Francesco togli il
cappotto!” e in men che non si dica l’indumento era già in acqua.
La caccia
Poi c’è stata quella volta in
cui papà e Graziano erano andati a caccia di tortore in Sardegna: da cacciatore
della Pianura Padana papà aveva suggerito di partire presto e, come era solito
nei campi e nelle radure di pianura di fissare una capanno in tela nel quale
nascondervisi prima dell’alba per mimetizzarsi meglio e non allarmare i
volatili. Non avevano però considerato che la Sardegna è molto rocciosa e
cercare di piantare nel terreno i pali per fissare il capanno era alquanto
difficile, ma dopo più di un’ora di lavoro erano riusciti nell’impresa e si
erano stretti al riparo nel capanno per non farsi scorgere dai malcapitati
pennuti. Alle prime luci del giorno però si accorsero con divertente imbarazzo
che erano circondati da tanti altri cacciatori molto meno mimetizzati di loro. Da
quel momento mio padre ha sempre ripetuto a mio fratello che la caccia in
Sardegna è bella, ma molto diversa dalla caccia in Pianura.
A volte mio padre e Maura
raccontano di quando Graziano dopo aver abitato per qualche anno in
“continente” si era attrezzato per la caccia e aveva comprato il fucile e gli
indumenti appositi per poi, appena tornato nella sua Sardegna, abbandonare in
quattro e quattr’otto questo hobby perché infondo non gli piaceva fare del male
agli animali.
Le famiglie si allargano
Nel frattempo è arrivata
Loana la terzogenita, minuta e dagli occhi azzurri ma con un carattere
decisamente imprevedibile. In fine è stato il turno di Letizia l’ultima dei
fratelli Monni dai lineamenti del papà ma col sorriso contagioso della mamma,
quasi mia coetanea. Pensando a Letizia mi viene in mente un viaggio in
“continente” di Maura e Graziano e una pizza a Salsomaggiore.
Maretta
Un altro ricordo che mi viene
spesso raccontato dai miei è quello dell’ultimo viaggio che hanno fatto in
nave: anche questa volta era inverno e al momento di ripartire e tornare a
Genova per risalire fino a Fiorenzuola mia madre si era informata spesso sulle
condizioni del mare: se fosse mosso o meno. Il cognato di Maura, essendo
pescatore, conosceva bene il suo mare e per non allarmare troppo gli amici
venuti dal “continente” alla domanda di mia madre: ”Giacomino com’è il mare?”
lui rispose: ”Maretta…”beh da ciò che mi è stato detto quello è stato il
viaggio in nave peggiore che i miei abbiano vissuto, basti dire che persino i
commissari di bordo e i marinai continuarono a stare male finché la nave
attraccò in porto a Genova…TO BE CONTINUED…
Ma i ricordi non finiscono
qui…
Quante risate mi sono fatta
anche solo ascoltando i ricordi dei miei genitori. Quando poi quest’anno, dopo
un periodo in cui questa amicizia è stata un po’ “trascurata”, ho visto mio
padre con le lacrime agli occhi ripensando alle avventure in Sardegna e mia mamma
abbracciare Tito, il suo pupillo ho capito una cosa importantissima: che
l’amicizia non è esserci sempre fisicamente, ma esserci con il cuore nel
momento del bisogno, avere un angolino dell’anima da dedicare interamente a
quella persona.
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