La Caserma Moncada
Questo edificio, che fu assaltato il 26 luglio del 1953 dall’avvocato
Fidel Castro e dal fratello Raul, è il simbolo della presa della città di
Santiago da parte dell’esercito ribelle e questo evento diede inizio alla
Rivoluzione cubana.
Parte dell’edificio è dedicato alla ricostruzione della
storia dell’avvenimento e dei personaggi che ne presero parte, mentre una parte
è stata riqualificata in una scuola.
Nei giorni passati ho avuto molte occasioni per riflettere
sulla storia di questo Paese: dalle tradizioni indigene alla conquista
spagnola, dalle usanze degli schiavi africani ai marchi lasciati dal popolo
nord americano, ma è soprattutto quello che è avvenuto durante gli anni 50 che
mi ha colpita maggiormente.
La Rivoluzione cubana mi ha sempre attratto e stupito nello
stesso tempo perché mi sono chiesta spesso come sia stato possibile che un
gruppo di giovani idealisti e non di politici o di militari sia riuscito a
stravolgere così radicalmente le sorti di questo Paese.
La prima risposta che riuscivo a darmi, ancor prima di visitare
l’Isola, è che: il popolo di Cuba non sopportava più la dittatura di Batista e
molti appoggiavano l’esercito rivoluzionario; ma la risposta più chiara credo
la diano i sorrisi e le testimonianze delle persone.
La gente che incontriamo è orgogliosa di essere cubana:
anche se quello che può offrire agli altri non è molto, ha combattuto e lottato
per averlo.
Fare questo viaggio nell’anno in cui compio trent’anni mi ha
impressionata ancora di più, è stato un regalo di compleanno speciale, che mi è
stato donato in un momento significativo e di questo devo ringraziare la mia
famiglia.
Holguín, un po’ di Europa a Cuba
La città di Holguín viene definita dai cubani la città più
europea di Cuba, perché molti di loro e anche qualche nord americano vi si sono
trasferiti: per lavoro, per amore o soltanto perché adorano Caraibi.
Situata lungo la costa sud orientale dell’Isola, Holguín è
una vibrante e pittoresca città storica più simile alla capitale che al
romantico e selvaggio sud.
Durante la mattina visitiamo il centro città, pranziamo e
poi ci godiamo il meraviglioso spettacolo della città vista dalla cima della
Loma de la Cruz, uno dei simboli di Holguín.
Credo sia l’attrazione più visitata: una croce di legno
(collocata dai frati allo scopo di scongiurare la siccità) è posta a 260 metri
sul livello del mare e indica uno dei posti più strategici per la difesa della
città, usato dall’esercito spagnolo.
In effetti Holguín a me sembra una città spagnola, non solo per
l’architettura, ma soprattutto perché la maggior parte delle persone incontrate
hanno la pelle chiara, alcuni addirittura hanno i capelli rossi: non possono
essere cubani.
Maria sorridendo mi risponde dicendo che spesso i turisti credono che
il tipico cubano abbia la pelle scura, i capelli ricci e gli occhi scuri, ma
suo padre le ha sempre ripetuto che tutti gli abitanti dell’Isola sono cubani:
neri, mulatti, bianchi, biondi, rossi, che abbiano gli occhi chiari o scuri.
”Todos somos cubanos! Mi ripeteva sempre mio padre“ mi dice.
Nel tardo pomeriggio, ci trasferiamo all’aeroporto
internazionale di Holguín, dove salutiamo i compagni di viaggio che partono per
tornare in Italia e Maria che deve rientrare a L’Avana.
Mia madre ed io, invece, ci trasferiremo in una delle
spiagge più belle della parte sud-orientale dell’Isola: a Playa Pesquero vicina
a Playa Guardalevaca, che distano circa a cinquanta chilometri dalla città.
All’aeroporto perdiamo un po’ di tempo per i saluti quindi
arriviamo dopo le 21 in albergo e siamo così stanche che ci fermiamo al
ristorante, dove mangiamo qualcosa al volo per poi fare una doccia e buttarci a
letto.
Holguín vista dalla cima della Loma de la Cruz |
Passeggiando per Holguín |
Un po’di meritato riposo
La mattina seguente dormiamo fino a tardi e, dopo aver fatto
colazione, verso le 11.30 siamo pronte per andare in spiaggia.
Lo spettacolo che mi trovo davanti sembra una cartolina: il
mare con le sue sfumature verdi e azzurre sembra dipinto e quasi non riesco a
distinguere dove finisce l’acqua e comincia il cielo.
La sabbia è calda e soffice, ma anche compatta e
omogeneamente distribuita, come se fosse un pavimento di parquet bianco con
striature dorate e rosa.
Quella sotto i miei piedi e davanti ai miei occhi non mi
ricorda nessuna spiaggia vista nella mia vita ed provo una strana sensazione,
come se stessi camminando sulle nuvole.
Il calore del sole è mitigato da una dolce brezza
proveniente dal mare e non scotta, anche se l’orario è quello più caldo della
giornata: così stiamo in spiaggia fino al pomeriggio e io mi immergo totalmente
e letteralmente in questo Paradiso.
Verso le 17 rientriamo in camera, il nostro bungalow si
affaccia quasi sul mare e a pochi metri c’è il ristorante; così dopo esserci
rinfrescate e cambiate decidiamo di tornare in spiaggia per poi andare a cena e
goderci quel Paradiso anche di sera.